mercoledì 8 marzo 2023

"LOTTO, M'ARZO E COMBATTO"

 Qualche anno fa, in occasione della giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne mi sono ritrovata a radunare alcune piccole esperienze personali di quotidianità, che ingrandivano un comportamento sistemico e di connivenza culturale https://twitter.com/fndmntlmnt/status/1331699203437961219?t=ATaNtNIBh5bpauljC_nHJQ&s=19. Non mi sono resa conto, in quel momento, di quanto quelle situazioni rappresentassero solo la parte esposta, più notabile. Non mi sono resa conto dell'abisso sotto la superficie. Dell'ampio, profondo e grave abisso: vero motore che alimenta il proliferare di ciò che risulta poi più esplicito e visibile. 

Mi è capitato in diverse occasioni di provare a portare all'attenzione di amic* e conoscenti quello che dal mio punto di vista percepivo come problematico, disfunzionale e corrosivo. Sintomo di una difficoltà più rilevante. È un sentimento che probabilmente ho da sempre, ma a cui non sono mai riuscita a dare una forma; fino a quando ho iniziato ad informarmi, ad ascoltare chi aveva studiato prima e più di me e poi a studiare a mia volta, cercando di capire quell'assetto politico e culturale da cui si articolano le nostre vite.
In quelle circostanze, quando esponevo le mie perplessità, le mie idee, quello che mi muoveva e che sentivo come vivo ed evidente, ho spesso - se non sempre - trovato dalla parte de* mie* interlocutor* (statisticamente uomini) svalutazione. Mi sono sentita ridicolizzata, inadeguata, sminuita nel parlare di un tema che io vedevo mi riguardasse da vicino, su cui, però, chi era lontano molte vite dalla mia, sentiva di potermi correggere, giudicare, di avere una visione molto più scientifica, completa, giusta (senza alcuna maggiore competenza). 

Mi è capitato di sentirmi svalutata e canzonata (atteggiamenti mossi evidentemente da pulsioni che puntavano altrove - e questo è un argomento assolutamente consono rispetto a ciò che sto cercando di evidenziare) per difesa di un altro punto di vista - lecito e plausibile per chi lo stava vivendo, ma che riguardava un'esperienza assolutamente circoscritta sia da una prospettiva macroscopica, sia da una prospettiva tematica, dato che quella stessa esperienza aveva poi in sé altre falle, altre incongruenze, altre discriminazioni, che chi lo sosteneva [quel punto di vista] - e anche chi lo difendeva - non poteva vedere perché guardava da troppo vicino. 

Mi è capitato di vedere trattati questi identici temi da personaggi influenti - solitamente uomini - attraverso contenuti volutamente scenici e virali. Quegli stessi argomenti che prima non avevano fondamento o rilevanza - per chi mi stava attorno - improvvisamente ne acquisivano, al punto da risultare fondamentale parlarne, cancellando di colpo tutte le fatiche per attirare l'attenzione che avevo cercato di mettere in atto (io, ma non da sola).
Non voglio essere fraintesa: è promettente che ci siano uomini che sentano di voler scendere al nostro fianco in questa lotta, ma è altrettanto tragicamente mortificante notare che la discussione si avvia davvero solo quando è un uomo a darne il la. 

Tutto questo mio sentire non mi appartiene esclusivamente. La continua messa in discussione della credibilità - soprattutto intellettuale - ma anche di persona, di ruolo, di appartenenza, l'ho vista messa in atto nei confronti di molte altre donne: mi è capitato di vedere una donna laureata e professionista in una determinata disciplina, venire contraddetta e/o corretta senza cognizione di causa, dal compagno che di quella disciplina non ne ha mai studiato o approfondito; mi è capitato di vedere una donna non presa in considerazione in una conversazione, semplicemente perché aprioristicamente non considerata in grado di farne parte; mi è capitato di vedere una donna sentirsi in colpa per essersi presa del tempo per sé a scapito del tempo condiviso o di non sentirsi libera di poter compiere delle scelte perché il pensiero del giudizio del compagno ha un peso troppo grande. Mi è capitato di vedere donne doversi affannare e districare in una vita molto piena, per cercare di mettere agio nella vita del proprio compagno o di sentirsi mortificate di dover lasciare a lui compiti normalmente attribuiti alla sfera femminile. E ne avrei molti altri da poter elencare. 

Questo discorso è ovviamente il dispiegamento di una realtà che ho vissuto e che vivo concretamente, ma è chiaro che non rappresenti necessariamente la totalità delle esperienze di tutte le donne. Tuttavia, voglio evidenziare come questi sottili fatti personali, racchiusi in una sfera di affetti vicini, sia anche la realtà di molte altre donne che non gravitano nella mia vita personalmente, ma di cui ci arrivano testimonianze o dati concreti che avvalorano questo mio parlare, perché la subdola linea inconscia d'azione porta poi alle conseguenze che ben conosciamo. Una donna che non ha lo stesso valore di un uomo (questo il punto precipuo), nonostante abbia lo stesso ruolo e la stessa preparazione viene retribuita meno: https://www.weforum.org/reports/global-gender-gap-report-2022 (per chi all'epoca lamentava la mia ignoranza riguardo la situazione delle grandi aziende contemporanee; ah e il fatto che il problema si possa ridurre o non riguardi la totalità dei casi, non significa che non esista e non abbia peso). 

Collegato a questo punto, è evidente come nonostante a livello statistico le donne abbiano in proporzione un grado più alto d'istruzione rispetto agli uomini - https://www.istat.it/donne-uomini/bloc-2a.html?lang=it - occupino però solo un terzo delle posizioni manageriali - https://www.istat.it/donne-uomini/bloc-2c.html?lang=it (dati relativi all'UE). 

E di nuovo, riprendendo sempre il fulcro della questione, il fatto che la credibilità femminile riguardi quasi esclusivamente alcuni settori della vita - principalmente quelli di cura e che richiamano l'anacronistica dicotomia natura-cultura - fa sì che sia automatico che il sacrificio della carriera scivoli in buona parte dei casi, fluidamente, dalla parte delle donne: https://www.istat.it/donne-uomini/bloc-2b.html

Ci tengo a sottolineare la mia consapevolezza riguardo le "colpe" inconsce e assolutamente non personali di chi è stat* in questa occasione portat* ad esempio. Sono certa che la maggior parte di loro - di noi - creda fermamente di stare dalla parte delle donne e per le donne (parlo anche delle donne stesse), ma che a causa di una solida rete strutturale e culturale che affonda le proprie radici in un passato troppo lontano, si trova ad agire comportamenti che non fanno altro che alimentare un divario che, nonostante i progressi, continua ad essere amplificato. 

Ho voluto soffermarmi esclusivamente e particolarmente su questo tema perché è ciò che mi preme portare all'attenzione in questa sede, conscia che ci siano - collegate - altre e a volte più complesse questioni. Sono stata mossa e spinta da quello che è il mio vissuto, lungi dal potersi inserire in contesti gravi, che portano a conseguenze tragiche e drammatiche. Eppure, nonostante possa apparire innocuo o superfluo questo muoversi nelle relazioni di genere (di qualsiasi natura esse siano), risulta estremamente chiave - a mio avviso - nella formazione, nel mantenimento, nella difesa di una sicurezza di ruolo, di spazio occupato nella società, di competenza e credibilità, che influenza poi la sovrastruttura su cui costruiamo il nostro Esserci. 

Ovviamente il mio è solo un piccolo spunto di riflessione non una vera e propria analisi, che ha la banale pretesa di confermare che sì, è ancora importante scendere in piazza e far sentire la propria voce perché il cambiamento reclama sforzi maggiori per raggiungere il nucleo profondo del nostro pensare.


                                                                                                                 8 marzo 2023 - Varese 


lunedì 28 gennaio 2019

28/01/2019 #CIPASSALAFAME

Essere testimoni dei cambiamenti che la storia propone, ai quali l'umanità si adatta a volte con fervore, altre con indolenza, come un bambino che strascina i piedi convinto che il dentista sia una tortura, ma consapevole di non poterlo evitare, è affascinante e lascia sicuramente dietro sé una scia di riflessioni, pensieri, profondità che difficilmente possono essere spazzate via ed archiviate come ordinarie.

Una delle persone che più stimo, spesso mi ricorda come la sconvolga il vedere la maggior parte degli individui rimanere interdetti di fronte al mutamento, davanti all'evoluzione e come sia assurdo che non riescano a rendersi conto che "la Storia è sempre la stessa", che si ripete: cambia lo scenario, cambiano i protagonisti, si modificano le interazioni o i metodi o gli stili, ma la trama è la medesima. Così sorge spontaneo e naturale domandarsi quante altre volte dovrà succedere, in quanti anni ancora dovremo rivivere atti identici prima di capirlo, prima di adattarci.


Per adattamento intendo "l'insieme dei processi che producono mutamento negli aspetti metabolici, fisiologici e comportamentali che consente di dominare la realtà", di conformarsi al - e mantenersi nel - ambiente in cui si vive.
L'adattamento e quindi l'evoluzione, non sono un processo passivo ed individuale, bensì attivo, transgenerazionale e culturale, basato sullo scambio più o meno conscio di abilità e conoscenze sperimentate dall'umanità stessa. Questo meccanismo che non cessa mai di ruotare e lavorare è strettamente collegato e stimolato dall'ambito esterno in cui è inserito. Lo sviluppo che ne consegue è quindi una sorta di summa dell'esigenze che ci si propongono, in quanto esseri umani, in quanto parte di un sistema ampio di individui conviventi a contatto con la natura in un loop continuo ed incessante di elaborazione; ciò che ci rende quello che siamo è necessariamente connesso al contesto in cui siamo incastrati. In questo senso la società risulta essere progetto e progettista al tempo stesso: l'uomo si deve adattare all'ambiente che lo circonda per sopravvivere, costituito dalla vita, da altri esseri umani con diverse urgenze, e questo non può che far di lui uno dei cooperatori delle dinamiche di mutamento. 

Eppure ancora oggi questo concetto sembra esserci completamente estraneo, o quasi. Difficilmente riusciamo a concepire la dissimile ma sottilmente uguale condizione che ci accomuna. Difficilmente riusciamo a renderci conto che il processo continua, va avanti e per forza da un momento all'altro ne verremo travolti; continuiamo ad opporci, con tutte le forze, gridando con più fiato riusciamo a recuperare, lottando concretamente, a mani nude se necessario, pur di intralciare, impedire, ostruire un movimento imprescindibile. 

Ci indigniamo e rifiutiamo, condannandoli come DIS-UMANI, atti che hanno piagato la storia con dolore straziante: guerre, discriminazioni, disuguaglianze, schiavismo, genocidi, torture, totalitarismi, oppressione, intolleranza, indifferenza, ingiustizie, ferite laceranti che sotto forme differenti si sono presentate e ripresentate, e che, al contrario di quello che crediamo, vivono ancora apertamente la nostra vita, passandoci appena accanto, o abbattendoci in pieno.

Così corriamo nei cinema ad assistere a spettaccoli raccapriccianti di violenza, di razzismo, di odio pensando a quanto siano assurdi. Ci sembrano fatti accaduti così lontani da noi che non possono toccarci in alcun modo. Usciamo della sala, sconvolti, pesti, graffiati, e soffochiamo lacrime pensando: "povera gente, cos'hanno dovuto passare, com'è possibile che sia accaduto davvero.." e mentre ci immaginiamo tutti come Madre Teresa di Calcutta, lanciamo un'occhiataccia meschina e manesca al ragazzo indiano che ci offre una rosa. Il giorno dopo, andando al supermercato, guarderemo con diffidenza l'uomo senegalese che prende il pane prima di noi, assicurandoci quasi schifati, che si infili bene il guanto prima di toccarlo, premura che non riserviamo a noi stessi. E poco dopo, entrando in posta, ci terremo a debita distanza dalla signora col burka e ci domanderemo come può avere un conto corrente, dei soldi...E, la sera, prendendo un gelato in centro ci si rivolterà lo stomaco nel vedere due ragazzi che si tengono per mano, passeggiando. E di fronte a torture inumane perpetue nel tempo, a sofferenze giornaliere proprio davanti ai nostri occhi - e ai nostri porti - gireremo la faccia dall'altra parte. 



Assistiamo quotidianamente a fenomeni che minano in maniera significativa l'umanità e la civiltà che ci caratterizza. Episodi di violenza inaudita, di distruzione, non rispetto della propria ed altrui vita. Ho spesso la sensazione che tutto debba precipitare da un momento all’altro, senza possibilità di risalita, senza uno spiraglio alla fine del tunnel, senza una possibile via di fuga: ogni giorno i media ci bombardano con notizie di attentati terroristici, violenti, minacciosi e terrificanti, perché in fondo il loro mestiere lo sanno fare bene. 

Tutto questo mi provoca una cascata intensa di ansie e preoccupazioni, e penso; penso che per trovare una soluzione, prima di tutto bisogna trovare il problema, capirne la radice, coglierne la vera origine. Perché ragazzi che vivono in paesi occidentali ormai da molti anni, che addirittura sono immigrati di seconda o terza generazione, che sono nati in Francia, Germania, Italia, che hanno partecipato alla vita comunitaria, che hanno avuto amicizie, amori, vite come molti altri adolescenti o giovani, perché ad un certo punto sentono il bisogno, la necessità, il desiderio di ferire quella che dovrebbe essere la loro terra, il loro paese, la loro città? Penso e ripenso, e mi viene in mente che forse qualcosa ha fallito, che forse non è andato tutto per il verso giusto, che abbiamo sbagliato ad un certo punto ed abbiamo compromesso la riuscita.

Forse per questi ragazzi non è la loro terra, il loro paese, la loro città, forse non si sono sentiti inclusi, parte, cooperatori di un sistema unico.



La questione che più mi tocca nel profondo, che mi fa contorcere la mente è il domandarmi perché non è un fatto di primaria urgenza; perché il primo punto all’ordine del giorno di ogni governo non è domandarsi cosa nel sistema ha fallito, quale parte non ha funzionato come si deve, cosa ha generato una reazione tale. Mettersi in discussione, aprirsi ad un confronto ad un’analisi non sembra essere una soluzione, l’unica reazione possibile, l’unica reazione voluta è quella violenta, di guerra, di impedimenti, di leggi e prese di posizione fatte per creare e generare ancora più odio e discriminazione.

Ho trent'anni e sono spaventata dal futuro.


Questioni minute, di ogni giorno, liti, pestaggi, insulti, razzismo, addirittura venerazione alla luce del sole di ciò che è proibito dalla legge – apologia di fascismo – opposizione con ogni forza possibile alla democrazia e alla libertà di espressione: spesso mi domando perché dobbiamo necessariamente impedire a qualcuno di essere felice o di avere la felicità che abbiamo noi, senza un motivo apparente; come posso giustificare a me stesso e alla mia coscienza il fatto che io posso essere felice e sentirmi libero di essere come mi sento ma che questo non deve e non può essere condiviso da chi non è come me? Cosa succederebbe se domani si invertisse la situazione?

 
Questioni enormi, globali, guerre, distruzione, un pianeta che ci sentiamo in diritto di poter annientare ed una superficialità generale che ci coinvolge tutti.

 
Per tutto questo e per molto altro oggi mi sento di fare qualcosa, una piccola cosa, ma che determina una presa di posizione e per una volta, concretamente, il tener fermo lo sguardo su quello che sta accadendo davanti ai miei occhi. 
 
 

domenica 25 marzo 2018

MONOLOGO




"Questa sera ho qui un piccolo elenco di parole preziose.
E' impressionante vedere come nella nostra lingua alcuni termini che al maschile hanno il loro legittimo significato, se declinati al femminile, assumono improvvisamente un altro senso, cambiano radicalmente e diventano un luogo comune. Un luogo comune un po' equivoco. Che poi a guardar bene è sempre lo stesso: ovvero un lieve ammiccamento verso la prostituzione.
Vi faccio un esempio:

UN CORTIGIANO: un uomo che vive a corte; UNA CORTIGIANA? Una mignotta.
UN MASSAGGIATORE: un chinesiterapista; UNA MASSAGGIATRICE? Una mignotta.
UN UOMO DI STRADA: un uomo del popolo; UNA DONNA DI STRADA? Una mignotta.
UN UOMO DISPONIBILE: un uomo gentile, e premuroso; UNA DONNA DISPONIBILE? Una mignotta.
UN PASSEGGIATORE: un uomo che cammina; UNA PASSEGGIATRICE? Una mignotta.
UN UOMO CON UN PASSATO: un uomo che ha avuto una vita - in qualche caso non particolarmente onesta - ma che vale la pena di raccontare; UNA DONNA CON UN PASSATO? Una mignotta.
UNO SQUILLO: il suono del telefono; UNA SQUILLO? Dai non la dico nemmeno.
UN UOMO DI MONDO: un gran signore; UNA DONNA DI MONDO, una gran mignotta.
UNO CHE BATTE: un tennista che serve la palla; UNA CHE BATTE? non dico manco questa.
UN UOMO CHE HA UN PROTETTORE: un intoccabile raccomandato; UNA DONNA CHE HA UN PROTETTORE? Una mignotta.
UN BUON UOMO: un uomo probo; UNA BUONA DONNA? Una mignotta.
UN UOMO ALLEGRO: un buontempone; UNA DONNA ALLEGRA? Una mignotta.
UN GATTO MORTO: un felino deceduto; UNA GATTA MORTA? Una mignotta.
UNO ZOCCOLO: una calzatura di campagna; UNA ZOCCOLA? ......

Ecco, quest'elenco non l'ho fatto io, l'ha scritto un uomo, pensate, il Professor Stefano Bartezzaghi, che è un enigmista, un giornalista, un grande esperto del linguaggio. Grazie Bartezzaghi per aver scritto questo elenco di ingiustizie.
Io che sono donna le sento da tutta la vita e non me n'ero mai accorta.

Però questa sera non voglio fare la donna che si lamenta, che sta qui che recrimina. No, per carità.

Però certo, anche nel lessico, noi donne un po' discriminate lo siamo. Quel filino di discriminazione, io l'avverto, magari sono io eh, però l'avverto. Per fortuna sono soltanto parole.

Certo, se la parole fossero la traduzione dei pensieri, be allora sarebbe grave. Allora sarebbe proprio un incubo. Fin da piccoli: all'asilo un bambino maschio, potrebbe iniziare a maturare l'idea che le bambine siano meno importanti di lui; da ragazzo crescere nell'equivoco che le ragazze siano in qualche modo di sua proprietà. E poi da adulto, è solo un'ipotesi eh, ma se fosse così, potrebbe pensare sia giusto che sul lavoro le sue colleghe vengano pagate meno. E a quel punto non gli sembrerebbe grave neppure offenderle, deriderle, toccarle, palpeggiarle, come si fa con la frutta matura o per controllare le mucche da latte.
Se fosse così potrebbe anche diventare pericoloso: una donna adulta o anche giovanissima, potrebbe essere aggredita, picchiata, sfregiata dall'uomo che la ama; uno che la ama talmente tanto, da pensare che lei e anche la sua vita sono roba sua, e quindi può farne quello che vuole.

No ma sono soltanto parole, per fortuna soltanto parole. Ma se davvero le parole fossero la traduzione dei pensieri, un giorno potremmo sentire affermazioni che hanno dell'incredibile. Frasi offensive e senza senso, come queste:

"Brava, sei una donna con le palle!"
"Chissà quella che ha fatto per lavorare!"
"Certo anche lei però, se va in giro vestita così"
"Dovresti essere contenta se ti guardano!"
"Lascia stare, sono cose da maschi!"
"Te la sei cercata!" 

Per fortuna sono soltanto parole. Ed è un sollievo sapere che tutto questo finora, da noi, non è mai accaduto."

mercoledì 21 dicembre 2016

Agli Amici Sconosciuti

Tra i Miei Amici più cari ci sono sconosciuti.
Di quelli che incontri per caso, a volte, per qualche attimo.
Mentre ti consegnano un pacco, mentre risolvi qualche commissione, mentre passi, di corsa ed indaffarato accanto a loro.

giovedì 19 novembre 2015

Denuncia di una molestia fatta da Chi ti ha negato a noi che di nuovo urleremmo CAPITANO, MIO CAPITANO

Mi rendo conto che ora non posso più raggiungerti. 
Non c'è alcun procedimento che io possa escogitare per arrivare fino a te, ma non posso smettere di parlarti. 
Soprattutto ORA. 
Ora, che sento cento anni sulle spalle e cento altri nella testa, ora che iniziano ad annebbiarsi i ricordi e a morire le sensazioni, ora che non mi è più concesso rimediare.

venerdì 3 luglio 2015

Ideologia Gender......?

Risultano essere un problema allarmante, oggi, l'ignoranza e la disinformazione che si aggirano e toccano temi di fondamentale importanza, che potrebbero fare la differenza (sommati uno all'altro) per prospettive future migliori di quelle a cui ci siamo ormai assuefatti e di cui ci siamo fatti portatori. 
Purtroppo le basi di questa lotta contro un'eresia fantasmatica, trovano profondità proprio in quegli ambienti, nonché istituzioni, che più di tutti dovrebbero

venerdì 10 ottobre 2014

L'abbindolamento del Vecchietto

Sono ormai giorni che mi tocca di assistere a "L'abbindolamento del vecchietto".

Entro in banca, mi accomodo alla postazione di attesa, e poco distante la scena si ripete quasi identica: vecchietto con sguardo sperduto attaccato alla sedia, ascolta la miriade di parole che escono dalla bocca truffatrice del commessucolo impiegato. Quest'ultimo parla da minuti abbassando ed alzando il tono di voce a seconda del tipo di "segreto dell'arricchimento" che sibila, ovviamente riservato solo ed esclusivamente al Sig. Vecchietto davanti a lui. Usa la sua gestualità in modo impeccabile, avvicinandosi, sfiorando, dando sicurezza e affidabilità, e come se non bastasse, va con le parole, striscianti e subdole, a toccare e premere quei tasti miracolosi, che gli aprono le porte del paradiso – o in questo caso del portafoglio del Sig. Vecchietto.

Lo sento ronzare parlando del fatto che al giorno d'oggi, nel nostro paese, accadono cose che nessuno si sarebbe aspettato qualche anno fa: la popolazione è povera, il lavoro manca (solite tiritere) e se per sbaglio il Sig. Vecchietto dovesse invitare a casa sua degli amici, che accidentalmente dovessero inciampare nel tappeto di ingresso e dovessero frantumarsi la testa, il Sig. Vecchietto potrebbe incorrere in una causa legale, perché si sa, "gli amici sono amici, ma ultimamente sono amici più consapevoli!"

martedì 24 giugno 2014

Small Apartments

"Franklin, di che cosa hai paura? Hai solo un'occasione nella vita. Non ricapita. Il tempo sprecato è tempo perso. Il passato è un fantasma, il futuro è un sogno, c'è solo il presente.
Dobbiamo perdonarci a vicenda, perdonare e andare avanti, perché siamo tutti ridicolmente imperfetti e dobbiamo trovare una casa, un posto dove sappiamo di essere amati, dove ci sentiamo al sicuro.
Adesso vedo tutto più chiaramente..non importa se vivi in un piccolo appartamento o in una grande casa in collina, se vivi in un istituto psichiatrico o su una spiaggia assolata,

lunedì 23 giugno 2014

INADEGUATEZZA

Tra gli attrezzi di lavoro della sarta 
ho trovato un piccolo fiore
disarmonico e stinto. 
Pare straziato 
trafitto dai tanti pungiglioni d'arte della modellista. 

Le poche spine consumate 
si spezzano al primo tocco leggero 
deve aver tentato di essere come loro. 

venerdì 30 maggio 2014

Stoker



"Le mie orecchie sentono ciò che altri non sentono, piccole cose lontane che altri non vedono, io reisco a vederle. Questi sensi sono il frutto di una vita fatta di desiderio, desiderio di essere salvata, di essere completata.